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SABATO 16 NOVEMBRE | 21:00 | Cinema delle Provincie
CON: Anthony Hopkins Sigmund, Matthew Goode, Liv Lisa Fries, Jodi Balfour, Jeremy Northam, Orla Brady | SCENEGGIATURA: Mark St. Germain, Matthew Brown | FOTOGRAFIA: Ben Smithard | MONTAGGIO: Paul Tothill | MUSICA: Coby Brown | SCENOGRAFIA: Luciana Arrighi | COSTUMI: Eimer Ní Mhaoldomhnaigh | PRODUZIONE: Alan Greisman, Rick Nicita, Meg Thomson, Hannah Leader, Tristan Orpen Lynch, Robert Stillman, Matthew Brown per Subotica Productions; in associazione con Media Finance Capital, Birdsong, WestEnd Films, LipSync Productions, M.Y.R.A. Entertainment | DISTRIBUZIONE: Adler Entertainment
Drammatico| Usa, Regno Unito; 2023 | Col. - 108’
Alla vigilia della Seconda guerra mondiale e alla fine della sua carriera, Sigmund Freud invita il celebre scrittore C.S. Lewis a un dibattito sul confine tra ciò che è reale e ciò che la mente vuole credere, su Dio, la scienza, la storia e la sottile linea che tiene tutto in equilibrio.
“Oltre alla mia curiosità intellettuale e alla mia ovvia propensione verso questo film in quanto figlio di uno psichiatra, ho una profonda consapevolezza di quanto questa storia sia incredibilmente attuale e importante. Viviamo in un’epoca strana e surreale, ideologicamente polarizzata, ognuno bloccato nelle proprie tribù. Non c’è rispetto per i punti di vista degli altri, eppure un vero dialogo con gli altri è esattamente ciò di cui le persone sembrano avere sete.
Nel film, troviamo questi due titani con punti di vista diametralmente opposti che scelgono di combattere rispettosamente le loro differenze su Dio. La bellezza della storia è che, sebbene non ci siano risposte, è solo attraverso il dialogo che la crescita personale diventa possibile per ciascuno di loro. Volevo realizzare un film emozionante, stimolante e creativo, che ponesse grandi domande e guardasse profondamente al cuore di ogni condizione umana: amore, fede e mortalità. Sapevo che doveva essere un film per il cinema e addentrarsi completamente nell’“aspetto onirico” di questo incontro immaginario, esplorando il subconscio di queste due menti creative, che sfidavano le norme della società.
Attraverso il mondo fantastico dello scrittore C.S. Lewis, o le foreste gotiche e le allucinazioni erotiche del subconscio di Freud, le immagini e i paesaggi filmici sarebbero usciti dai confini della casa dello psicoanalista e filosofo, dove si svolge la discussione drammatica. Ambientato alla vigilia della Seconda guerra mondiale, sapevo che il film avrebbe dovuto avere anche un senso di urgenza molto reale; le loro personali poste in gioco riflettono il peso del conflitto imminente e ciò che sta accadendo tra questi due in qualche modo è fondamentale per tutti noi.
E questa sarebbe stata l’“Ultima seduta” di Freud, poiché è un uomo che sa che sta per morire: è la sua ultima possibilità di confrontarsi con i propri difetti e l’intolleranza nei confronti della figlia, Anna. Sapevo che il complesso rapporto padre-figlia, derivante da una perdita personale e pieno di questioni etiche, avrebbe fatto parte del film. E il trauma di Lewis dalla Prima guerra mondiale ha influenzato le sue relazioni personali, in particolare con Janie Moore, la madre di un suo compagno deceduto sul campo di battaglia. Era una donna con cui Lewis si legò sentimentalmente fino a quando la sua conversione al cristianesimo non divenne una scusa per lasciarla.
Mentre il film si addentra nei meandri più profondi della psiche di entrambi gli uomini, sequenze fantasy e flashback contestualizzano la storia. A tutti noi mancano risposte che possiamo solo cercare dentro di noi. In L’ultima sessione di Freud, il pubblico sperimenta il proprio viaggio catartico di fronte a queste stesse domande.”
Matthew Brown